I quaranta fratelli e la sorella cieca

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Uniti possiamo realizzare molte più cose. Quaranta fratelli vivevano con la loro sorella cieca e il vecchio padre nella modestia e nell’amore. Ma quando il padre era sul letto di morte, i fratelli litigarono fra loro per l’unico campo che avrebbero dovuto ereditare.
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I quaranta fratelli e la sorella cieca
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C’era una volta un uomo che aveva quaranta figli e una figlia. La figlia era cieca. L’uomo lavorava sodo dall’alba al tramonto per nutrirli tutti. Arava il suo grande campo, che in cambio gli assicurava una gran quantità di segale. In mezzo al campo c’era un giovane melo dai fiori bianchi e rosa sotto il quale, in primavera, sgorgava dell’acqua fresca da una sorgente. La loro casa era lì a due passi.

In una delle stanze della casa c’erano quarantadue letti. La ragazzina cieca li rifaceva ogni mattina e poi accendeva il fuoco sotto il calderone in cui preparava il pranzo per tutta la famiglia. Poi apparecchiava la tavola con quarantadue ciotole e quarantadue cucchiai.

Arrivò l’autunno. Le foglie sui meli diventarono gialle e maturarono le prime mele. Il padre lavorava ancora tutti i giorni. Aveva attaccato degli aratri di legno ai suoi buoi, raccoglieva la segale e la portava al magazzino in un grosso sacco, frustando il suo cavallo per farlo andare più veloce. Poi seminò, e i suoi figli lo aiutarono. In tre giorni lavorarono l’intero campo.

Ma un giorno il padre, sfinito da tutto quel duro lavoro, tornò a casa e cadde malato. La figlia cieca gli preparò un infuso di radici selvatiche, ma non riuscì a farlo stare meglio. Quando sentì che la sua fine stava per arrivare, chiamò i figli e disse:

“Miei cari figli! Sto per intraprendere un lungo viaggio, da cui non tornerò. Per favore, avvicinatevi, voglio accarezzarvi i capelli un’ultima volta”.

Quando tutti i suoi figli l’ebbero salutato, si sollevò a sedere un’ultima volta e disse:

“Ricordate che i raccolti del nostro campo producono il pane migliore. Coltivatelo insieme e vivete da buoni fratelli. Non litigate mai l’uno con l’altro. E ho un’altra cosa da chiedervi: prima…

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