C'era una volta una principessa di una bellezza indescrivibile, ma molto, molto viziata e arrogante. Era convinta di essere perfetta e che nessun uomo, per quanto intelligente, affascinante o bello, potesse essere alla sua altezza.
Ogni volta che un pretendente le chiedeva la mano, lei rideva istericamente e lo mandava via sbuffando. Le ragazze della sua età erano già sposate da tempo: tutte, ma non la principessa. Era davvero molto vanitosa e credeva fermamente che nessuno sarebbe mai stato degno di lei.
“Sono tutti così scialbi e inutili!”, pensava tra sé e sé. “Noiosi, noiosi, noiosi!”.
Un giorno, suo padre era così stufo che decise di invitare tutti i pretendenti al castello, in modo che la principessa fosse costretta a sceglierne uno. Folle di nobili uomini si riunirono per chiedere la mano della principessa. Erano così tanti che il re dovette allinearli lungo le pareti della sala principale del castello.
Li organizzò in base ai loro titoli e alle loro ricchezze, così gli orgogliosi re e i facoltosi conti furono fatti accomodare in prima fila, mentre i coraggiosi cavalieri dovettero ritirarsi in fondo. La principessa camminava lungo la fila, fermandosi per un po' davanti a ognuno di loro per avere il tempo di esaminarli. Ogni volta trovava qualcosa in loro da canzonare e di cui prendersi gioco.
Uno era troppo grasso (come una palla di lardo, disse). Un altro era troppo alto (come una giraffa, disse), il successivo era troppo storto (come un ramo nodoso), calvo (come un neonato) o rosso (come un pomodoro maturo e schiacciato).
Ma fu il primo uomo della fila a farla ridere più di tutti. Il suo mento, disse, sembrava il becco di un tordo. Cominciò a ridacchiare e persino a imitare i richiami del tordo: “Cip! Cip! Cip!” Rideva così forte che le…